Cina-Ue: dazi sul fotovoltaico fino al 2015, ma in Europa c’è chi li critica
Via libera del Consiglio europeo alle misure antidumping e antisussidi sulle importazioni di prodotti fotovoltaici dalla Cina .
I dazi resteranno in vigore per due anni, a partire dal 6 dicembre (fino al 2015). Questa decisione conferma l'accordo raggiunto ad agosto e riguarda gli esportatori che non hanno collaborato con l'Ue durante le indagini.
L’intesa – che riguarda un centinaio di aziende cinesi che riforniscono il 60% del mercato europeo – prevede un prezzo minimo di 0,56 euro per watt e un tetto di 7 gigawatt per i moduli fotovoltaici importati dal gigante asiatico; di 0,29 euro per watt e un tetto di 2,3 gigawatt per le celle; di 0,66 euro a pezzo e 1 gigawatt di tetto per i wafer.
I dazi colpiscono, dunque, chi ha deciso di non rispettare l’accordo con Bruxelles sul prezzo minimo.
Secondo una stima, si tratterebbe del 30% delle imprese cinesi del settore, che insieme totalizzano il 30% delle esportazioni verso l’Europa. Queste adesso sono costrette a pagare dazi del 47,6%. Sembra sia stata raggiunta, così, una sorta di pace tra Cina ed Europa, almeno in ambito fotovoltaico.
Ma secondo Eu ProSun, il meccanismo delle penalizzazioni doganali potrebbe durare molto meno dei due anni previsti dalla Ue. La lobby che difende il fotovoltaico made in Europe dalla concorrenza cinese è, infatti, convinta che la Corte Europea annullerà l'accordo sul prezzo minimo in quanto “arbitrario e lontano dal quadro normativo europeo”.
E’ scettico anche il Comitato IFI italiano, che mette in evidenza quattro anomalie nell'accordo con la Cina.
Primo: la Ue ha imposto un dazio minimo dell'11,8% valido fino al 4 agosto e uno massimo del 67% valido dal 4 agosto al 6 dicembre. Ma il dazio minimo non incide realmente e non riduce il danno all'industria europea.
Secondo: Il 3 agosto 2013, cioè il giorno prima dell'entrata in vigore dei dazi del 67%, la Commissione dichiara di aver accettato un accordo proposto dai cinesi che fissa un prezzo minimo e un quantitativo massimo per l’esportazione verso la UE e prevede l'esenzione dai dazi per i produttori che rispettano l'accordo stesso.
Terzo: sempre ad agosto, la Commissione decide di non applicare dazi provvisori anti-sovvenzioni, preferendo aspettare il termine del periodo di investigazione (6 dicembre 2013). A settembre la Commissione comunica che le sovvenzioni statali cinesi hanno effettivamente danneggiato l'industria europea, ma non impone nuovi dazi.
Quarto e ultimo: la Commissione accetta un secondo accordo con i produttori cinesi relativo ai sussidi governativi, che non aumenta i dazi già esistenti perché non somma il danno causato dal dumping a quello causato dai sussidi statali. Tutto viene quindi ricondotto al solito accordo di agosto.
Queste anomalie, secondo l’IFI, sono sufficienti per dichiarare illegittimo l'accordo tra Cina e Ue e per ritenere insufficienti i dazi.
Fonte: www.greenbiz.it