La legge di Stabilità 2015 aumenta l’aliquota Iva applicata sul pellet, noto combustibile derivato da segatura essiccata che alimenta stufe da riscaldamento in ambito domestico e industriale, dall’attuale 10% al 22%, mentre rimane invariata al 10% l’Iva su altri materiali biocombustibili quali la legna da ardere in tondelli, i ceppi, le ramaglie o le fascine e i cascami di legno.
Dato che l’Italia è il più grande mercato europeo del pellet, con un consumo annuo di 3,3 milioni di tonnellate, l’incremento della tassazione dovrebbe portare, secondo le stime, ad un incremento delle entrate statali per un ammontare pari a 96 milioni di euro.
La produzione domestica ha già subito una battuta d’arresto a causa della scarsità di materie prime, dovuta alla concorrenza con altri settori. Infatti solo il 28% della domanda italiana è coperta dalla produzione domestica, mentre il rimanente è importato da altri paesi Europei e non-Europei. Chiaramente il prezzo ne risente e cresce. Dal 2009 il mercato ha mostrato un maggiore livello di stabilità: le fluttuazioni del periodo precedente erano probabilmente dovute a un mercato non completamente maturo.
Ad ogni modo, indipendentemente dalle oscillazioni di prezzo, fin dal 1999 la domanda è continuata a crescere ad un tasso medio del 56% annuo.
Da un lato la scarsità di materie prime sono un ostacolo allo sviluppo del settore; dall’altro l’aumento dell’Iva inciderà ulteriormente (e negativamente) sulle decisioni dei consumatori.
Perché vogliamo interrompere il trend positivo della domanda?
A differenza di altri paesi in Europa, gli italiani utilizzano pellet di alta qualità quasi esclusivamente per produrre riscaldamento residenziale (89% del consumo totale). La maggior parte degli acquirenti sono consumatori, per lo più di fascia di reddito medio-bassa, alla ricerca di modi alternativi (ed economici) di riscaldamento. Sebbene non si tratti di un rincaro notevolissimo (circa 50 euro in più a famiglia) , utilizzare pellet permetterà ora di risparmiare molto meno. Il provvedimento colpisce direttamente i consumatori e va nella direzione di disincentivare l’utilizzo di metodi alternativi di produzione di energia. La scelta di aumentare l’Iva proprio su questo tipo di produzione energetica rende più comodo continuare a riscaldarsi con fonti tradizionali, come il gas, ed entra implicitamente in contraddizione con le politiche dell’UE che promuovono l’efficienza energetica.
Nella stessa legge di Stabilità viene però mantenuto l’ecobonus (che incentiva la ristrutturazione energetica attraverso detrazioni fino al 65%) che nel 2014 ha dato prova di funzionare molto bene: con i suoi 29 miliardi di investimenti rappresentati il 2% del PIL.
A maggior ragione un aumento dell’Iva sul pellet pare essere un provvedimento in linea con la non-strategia energetica italiana. Segnali incerti vengono dati verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo di risorse energetiche alternative. Nonostante i progressi economici e tecnologici dei settori che producono fonti alternative siano evidenti, ancora non è chiaro quale sia il piano strategico sottostante a supporto del raggiungimento di un’Europa a emissioni zero entro il 2050.
Il guadagno per le casse dello stato ci sarà, ma chiaramente decreterà una battuta di arresto nel consumo di pellet, con danni non solo per i consumatori,ma anche per i produttori e l’ambiente. Insomma chi ci guadagna veramente?
Author: Eliana Canavesio